Mammaliitaliani!

La prima volta è stata nel 1970, il 17 giugno. Messico 1970, i mondiali della diretta in mondovisione e, ovunque tranne che in Italia, del colore. Sette ore di fuso orario. Son ancora lontani gli anni in cui lo sport è totalmente succube delle logiche di produzione televisiva; non è come quando, nel 1994, durante i mondiali statunitensi, i giocatori son costretti a giocare ad assurdi orari del primo pomeriggio, con l’afa e il caldo a far da padroni, per permettere alle platee televisive della parte occidentale del mondo di godersi lo spettacolo in prima serata. Nessun diktat televisivo e, in Italia, la Partita, Italiagermaniaquattroatre, viene trasmessa quando è già notte (dalle 23), frantumando un tabù che, fino ad allora, aveva visto la fascia notturna come zona franca della programmazione televisiva. La notte era fatta per dormire e, ad una certa ora, la televisione veniva spenta per evitare distrazioni che facessero perdere preziose ore di sonno agli italiani, che il giorno dopo dovevano andare a lavorare. La notte rimaneva un tabù anche in occasione dei grandi eventi sportivi, in occasione dei quali la radio rappresentava l’unica forma di narrazione in diretta e la trasmissione televisiva avveniva solo in differita, durante orari più consoni. Con Italiagermaniaquattroatre tutto venne stravolto: la gente rimase alzata sino a tardi per vedere la partita, per seguire le gesta degli azzurri, narrate da Nando Martellini. Lui e la sua voce, da soli; nessun altro commento tecnico – e, dati gli strafalcioni dei commentatori odierni, verrebbe da pensare Meno male. Centoventi lunghissimi minuti, con rocamboleschi capovolgimenti di fronte – è così che dicono quelli che ne sanno – e il quarto gol di Rivera che permise all’Italia di accedere alla finale per la conquista della Coppa Rimet. Due ore di sofferenza e di gioia, le definì Martellini. Al triplice fischio dell’arbitro, quasi intorno alle due di notte italiane, per la prima volta, gli italiani vissero la loro notte magica di caroselli, frastuono e festa in una maniera così intensa e così chiassosa come mai era accaduto in precedenza.

Ovunque scoppiò la felicità di massa. A Milano, a Roma, a Napoli, a Firenze, in decine di città, le persone uscirono a fiumi senza sapere neanche che cosa fare, dove andare, per la semplice ragione che non lo si era mai fatto, che non c’era un rito, un precedente, un codice di comportamento acquisito dalle tradizioni. L’unica idea chiara fu che si dovesse fare baccano, dare una eco lunghissima, la più lunga possibile, al boato della vittoria. Suonarono i clacson delle auto, e anche questo era davvero strano e sconvolgente per quell’ora. Né alcuno si ribellò o minacciò denunce perché la gioia era stata, davvero, pienamente e totalmente collettiva.
[Nando Dalla Chiesa, Storia di Italia – Germania 4-3]

Fu la prima delle notti magiche, inseguendo un gol sotto il cielo di un’estate italiana. Gli italiani si ritrovarono tra le strade a festeggiare sotto un’unica bandiera, il tricolore, dimenticando almeno per una notte i problemi legati alle divisioni tra fascisti e comunisti, le manifestazioni, la fine dell’illusione del boom economico e la situazione di baratro economico e sociale in cui si trovava il Paese. Per una notte esistevano solo l’impresa dello Stadio Azteca e l’orgoglio patriottico da esibilire ed esprimere, nonostante si trattasse solo di una semifinale.
Nel 1970, io non c’ero e non ero neanche nella mente dei miei genitori, poco più che sedicenni (che probabilmente neanche si conoscevano); ho visto solo dopo alcuni spezzoni della partita, come tutti d’altronde, e conosco solo alcuni dei nomi dei calciatori che compirono l’impresa, primi tra tutti Burgnich, Mazzola e (soprattutto capitan) Facchetti, che tanto bene stavano in quella filastrocca che faceva più o meno così SartiBurgnichFacchetti, BedinGuarnieriPicchiJair, MazzolaDomenghiniSuarezCorso.
1982. Il mondiale spagnolo, successivo allo scandalo del Totonero. Il mondiale di PaoloRossi, fermo da due anni e promosso, in meno di un mese, eroe nazionale. Il mondiale dell’urlo di Tardelli, dei baffi dello zio Bergomi e del silenzio stampa, con Zoff e Bearzot unici portavoce azzurri. Il mondiale del Presidente con la pipa – pipa che serve per bruciare nel fornello le amarezze e le delusioni –  che esulta in maniera vistosa sulle tribune del Bernabeu; quel presidente che ti vien voglia di abbracciare anche solo vedendolo in fotografia, che gioca a briscola con i calciatori e con l’allenatore sull’aereo del ritorno e che, a chi gli chiede se tutti i festeggiamenti rischiano di far dimenticare i problemi della nazione, risponde che dopo sei giorni di lavoro viene la domenica no? Ebbene, chi ha lavorato i sei giorni ha il diritto la domenica di andarsene con la famiglia a gioire sulla spiaggia, in montagna o altrove. E gli si deve dire come mai tu gioisci quando ti attende il lunedì? Io penso adesso alla domenica e il lunedì verrà a suo tempo. Il Mondiale di Martellini, ancora lui, che ripete per tre volte Campioni del mondo. 11 luglio 1982, Italia-Germania 3-1; è una finale, questa volta l’euforia è più che giustificata, la coppa è stata conquistata. Gli italiani scesero di nuovo in piazza a festeggiare, per celebrare quella festa che un po’si aspettavano, visto che, da giorni. moltissimi si erano procurati i tricolori, le sciarpe e tutto l’occorrente per la festa.
Nel 1982, io c’ero ma non avevo neanche sei mesi. Ogni volta che si parla di quei mondiali,  mio padre mi ricorda che lui, quei mondiali lì, li ha visti poco e male; quell’anno i miei decisero di affittare una casa al mare perché ai bambini (e non solo) il mare fa bene e, in quella casa lì, l’antenna della tv funzionava poco e pure male. Io, però, son sempre stata orgogliona di essere nata nell’anno del Mundial.
2006. Ancora Italia–Germania, ancora una semifinale. Ancora uno scandalo nel mondo del calcio, ancora sfiducia degli italiani nei confronti di tutto l’ambiente. Pochi ci credono, in tanti, alla fine, salgono sul carro dei vincitori. Arrivare alla semifinale grazie ad un rigore segnato all’Australia da Er Pupone Totti negli ultimissimi minuti di recupero del secondo tempo e immortalato da delle immagini che ricordano tanto quelle che descrivono il momento precedente un duello in un film western. Italia –Germania giocata in casa del nemico, in uno stadio completamente bianco. I novanta minuti di gioco si concludono a reti inviolate, gli ultimi interminabili minuti dei tempi supplementari al cardiopalmo e il gol di Grosso, a due minuti dalla fine. L’esultanza di Grosso che scuote la testa come per dire Non ci credo. L’ultimo minuto sembra non passare mai e, mentre sei lì a sperare che i tedeschi non pareggino, ti ritrovi ad esultare per il secondo gol azzurro. Il triplice fischio e l’abbraccio di Materazzi all’arbitro. La finale conquistata e quell’Andiamo a Berlino, che rimarrà a lungo nella memoria dei tifosi. Le strade e le piazze delle città italiane accolgono ancora una volta la festa di una notte magica, anche se è solo una semifinale.
In questi giorni ho letto spesso in giro che ogni generazione ha la sua ItaliaGermania; quella del 2006 è la mia. Scendere in strada senza sapere cosa fare, seguire il flusso di gente con le loro bandiere e i tricolori improvvisati. San Giovanni, il Colosseo, tutto bloccato da gente che non aspettava altro che un motivo per festeggiare e far casino. Anche se è per una semifinale.
2012. Ancora una volta Italia e Germania si ritrovano in semifinale; anche se questa volta si tratta di Europei e non di Mondiali. Sono gli Europei del boicottaggio per le torture subite dai cani in Ucraina; gli Europei della crisi e dei PIGS contro la Germania. Gli Europei dei social network, dei meme, dei boicottaggi portati avanti davanti allo schermo di un pc e delle battute ripetute miliardi di  volte – col risultato di render brutte anche quelle che, in un primo  momento, una risata l’avevano strappata. Gli Europei dei bastiancontrariopefforza, di quelli bravi a ripetere miliardi di volte che l’Italia non deve andarci ( per poi essere pronti a suonare la propria trombetta e a saltare prontamente sul carro dei vincitori, una volta conquistata la finale) e dei Con la crisi che c’è, perdete tempo per seguire ventidue deficienti che corrono appresso ad un pallone. Gli Europei del tabaccaio di Buffon e del Froscio di Cassano. Germania-Italia di Balotelli, che segna, due volte, esulta e va ad abbracciare e baciare la sua mamma – lacrimuccia, scusate.
2012. Ancora una volta c’ero. Ero in una piazza affollata, cercando di bloccare gli istinti omicidi nei confronti del bifolco che avevo accanto, che usava froscio per insultare gli avversari e chiamava Balotelli negro, a cui lanciare una banana,  e evitando di respirare il fumo dei fumogeni che sventolavano nelle mani di chi mi era accanto. Mammaliitaliani /1

C’ero cercando di guadagnarmi uno spazietto di visuale e un rifolo d’aria per respirare e dar sollievo alla pelle sudata. C’ero distraendo un mio amico nell’attimo esatto in cui hanno segnato e cercando di rimanere in piedi e non perder le scarpe al momento dei gol. C’ero mentre tutti attorno a me urlavano Se saltelli, segna Balotelli, e saltellavo pure io, lasciando come ricordo ai sampietrini di Piazza del Popolo i miei polpacci.Mammaliitaliani /2

C’ero negli ultimi 45 minuti del secondo tempo col ragazzo accanto a me che continuava a ripetere, ad alta voce,  quanto tempo mancasse – Sì, ha iniziato a far il conto alla rovescia dal minuto 46 – e col suo amico che, negli ultimi cinque minuti di gara, ha voltato le spalle al maxischermo perché non ce la faceva a vedere. C’ero nel silenzio assoluto nel momento del rigore segnato dal giocatore tedesco. C’ero al triplice fischio quando la gente attorno a me è esplosa nella sua euforia: abbracci, urla e, per non farci mancare nulla, il pogo. Le bandiere sventolanti, gli inni, i popopopopopo e i cori da stadio. Dedicati a tutti, nessuno escluso: Daniele De Rossi aleeeooohhoohh, Non vincete mai, il Papa sta a rosica’, gentili parole nei confronti della Merkel e qualche amorevole pensiero anche per la Spagna. Un’altra notte magica da festeggiare, nonostante sia la semifinale e nonostante la Merkel domani ci farà un **** così. E , infine, tutti verso piazza Venezia per sventolar il tricolore sotto l’altare della patria.
Un’altra notte magica, nonostante tutto.

 Mammaliitaliani /3

[E poi va a finire che l’immagine più bella è quella che non hai fotografato: tutti quei bambini che, seduti sui sedili posteriori degli scooter dei propri genitori. sventolavano dei bandieroni più grandi di loro]

33/365

33/365Fifa Fun Fest, 24 giugno 2010

Perché perché la domenica mi lasci sempre sola, per andare a vedere la partita di pallooone? perché perché una volta non ci porti pure me? Così cantava Rita Pavone (dovrebbe essere lei – non mi metto neanche a googlare). A me il calcio piace anche se il nostro rapporto s’è evoluto col tempo: prima era proprio amore intenso, ora è più una cottarella adolescenziale. Seguo le partite della squadra per cui tifo e quella per cui simpatizzo ma non le vedo (per scaramanzia). Ho festeggiato una tripletta (o una quaterna? :P), vedendo stranamente le partite in tv (seppur lavorando). Ho passato una domenica ligure cercando di captare i risultati delle partite per sapere se era tempo di festeggiare uno scudetto (si lo era!). Leggo le storie di calcio: le storie quelle belle però, non quelle di imbrogli, di calciomercato, di calciatori che parlano giusto per far prendere aria alla bocca. C’è un lato umano anche nel calcio: c’è Prandelli che scrive ai suoi tifosi, c’è l’attacante che rinuncia a un tot di soldi per tornare a giocare nella sua città o quello che torna perchè in un posto s’è trovato bene. C’è l’allenatore che parte in una corsa scatenata per far sfogare il suo gemello cattivo; c’è l’Avvocato (quello giusto) che chissà che combina da lassù e chissà che ha fatto il 22 maggio. E ci son tante altre storie, tante che, di sicuro, ora non ricordo e tante altre di cui non so ancora nulla..per ora. Ci son anche le delusioni, ovviamente; quello non è un problema. L’ha detto anche Nick Hornby, i tifosi son destinati a soffrire. E, ahimè, racconterò di una delusione anche nella mia tesi. Mannaggia a te, allenatore viareggino dei miei stivali!

Tempismo

Tempismo

Ho la capacità di arrivare sempre in tempo sulle cose.
Avrei dovuto scrivere la tesi quattro anni fa, al posto dell’altra.

[Fifa Fun Fest, Roma, 11 luglio 2010]
ps: Casillas, no, non piangere. Ti consolo io, se ti va 😛

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